Il Questionario della Corte dei Conti sullo stato di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

Lo stato della digitalizzazione della PA

Entro il 30 ottobre 2019 le Pubbliche Amministrazioni saranno tenute a rispondere al questionario predisposto dalla Corte dei Conti che, in tandem con il Team per la Trasformazione Digitale, si propone di fornire al Parlamento una fotografia sullo stato di attuazione dell’Agenda Digitale da parte delle Amministrazioni territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Province autonome), richiamando, al contempo, l’attenzione di tutte le Amministrazioni coinvolte sulla necessità di portare a compimento le attività operative indicate all’interno del Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019.

Il termine era stato fissato per il 30 settembre, ma recentemente è stata concessa la proroga di un mese.

Il questionario, come precisa la Corte dei Conti stessa, avrà una finalità ricognitiva e non consultiva, e dunque potrà servire alla Corte per le finalità proprie, che riguardano in prima battuta indagini sui danni erariali causati, in questo caso, dal mancato rispetto degli obblighi di digitalizzazione.

I servizi online della Pubblica Amministrazione, com’è noto a tutti i cittadini, stentano a decollare, sia in termini di diffusione sia in termini di accettazione da parte della stessa PA. Lo hanno ricordato recentemente anche il Commissario Straordinario Luca Attias e la neo-Ministra dell’Innovazione Paola Pisano con una lettera inviata a tutti i Comuni per accelerare su pagoPA (dove incombe l’obbligo del 31 dicembre).

Anche perché è imminente il rilascio sugli store di IO, l’app che qualsiasi ente pubblico potrà utilizzare per fornire aggiornamenti, ricordare scadenze o richiedere pagamenti relativi a un determinato servizio (si veda un recente contributo del Team a questo link). L’app offre un’esperienza semplice e intuitiva, allineata con la qualità offerta da altre app con cui il cittadino è abituato a interagire; esperienza che, però, sarà negata se le amministrazioni non predisporranno gli strumenti per il passaggio definitivo dalla carta al digitale.

La digitalizzazione della PA passa per numerose linee guida e tantissime piattaforme, ideate e normate nel corso degli anni dal legislatore e soprattutto dalle strutture amministrative a ciò delegate succedutesi negli anni. La complessità delle questioni trattate, i divari culturali e l’approccio privatistico non hanno facilitato la trasformazione digitale della PA, la quale però ora deve fare i conti con precisi obblighi incombenti come il passaggio dell’anagrafe ad ANPR, l’adesione a pagoPA e l’interazione dei propri servizi con SPID, e con lo spauracchio della Corte dei Conti, chiamata a verificare i danni causati all’erario dal mancato rispetto degli obblighi di legge e dalla violazione dell’obbligo di digital first.

Il CAD ed il Responsabile per la Transizione Digitale

Tutte le Pubbliche Amministrazioni sono tenute a nominare un Responsabile per la Transizione Digitale, ai sensi dell’art. 17, comma 1, del CAD, per come recentemente novellato (si veda anche la Circolare n. 3/2018).

Il legislatore del 2017 richiede che le PA nominino come Responsabile un dirigente, o comunque un dipendente di p.o., sulla base del principio gerarchico, che abbia “adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali”. Ma in realtà quel che è più importante è che venga delineato il suo Ufficio, composto preferibilmente da dipendenti che abbiano dimistichezza con l’ICT e che abbraccino tutti i settori di competenza dell’Ente. Questo aspetto è dirimente, perché la digitalizzazione è un lavoro che coinvolge tutti i servizi della PA.

La nomina del Responsabile è un atto di indirizzo politico strategico della PA, e dunque può essere effettuata solo dall’organo di vertice politico (o amministrativo) dell’Ente. In un Comune la nomina, ovviamente, spetta al Sindaco, in quanto la trasformazione digitale rientra nelle strategie amministrative dell’Ente: in altri termini, la digitalizzazione della PA deve essere inserita negli obiettivi programmatici ed economici dell’Ente.

Credit padigitale.it

I poteri del Responsabile possono essere davvero incisivi, se si pensi che, ad esempio, da lui dovrebbero transitare tutti gli acquisti di soluzioni e sistemi informatici dell’Ente; per questo motivo, oltre che a replicare il contenuto dell’art. 17 del CAD, è opportuno che l’atto di nomina sottolinei i poteri di convocazione e creazione di gruppi di lavoro specifici, soprattutto con gli altri soggetti, come i Responsabili della gestione documentale e della protezione dei dati personali.

Il Questionario della Corte dei Conti

Al Questionario della Corte dei Conti, scaricabile al seguente link, può accedersi solo tramite credenziali SPID e deve essere compilato, per ovvi motivi, dall’RTD nominato; se non ancora nominato, o se sussistono altri motivi ostativi, l’organo politico (o amministrativo) di vertice dovrebbe indicare, con un proprio atto, il soggetto incaricato della trasmissione (che può essere anche esterno).

Per sommi capi, il questionario chiede lo stato di attuazione dell’Agenda Digitale 2017/2019: il preventivo ed il consuntivo delle spese ICT degli anni passati e le spese preventivate per il futuro in vista dell’attuazione del Piano Triennale; l’eventuale dismissione dei propri data center; le professionalità presenti al proprio interno; e tutte le spese informatiche (escluse le spese telefoniche).

I Comuni, dal 1.11.2019, dovrebbero pianificare gli obiettivi sulla base del Piano Triennale inserendoli prima nel DUP (Documento Unico di Programmazione) e poi facendoli diventare obiettivi di PEG (Piano Esecutivo di Gestione). Entro il 2020, ad esempio, i Comuni dovrebbero offrire tutti i propri servizi tramite il proprio sito web, al quale accedere tramite SPID.

Uno degli obiettivi dovrà essere sicuramente il passaggio ai data center in cloud (di cui parleremo prossimamente), con la dismissione dei propri server e l’acquisto di software sul Cloud Marketplace AgID.

Analizzando lo stato attuale delle PA, soprattutto le più piccole, ci si può facilmente rendere conto del ritardo nell’opera di digitalizzazione. La trasformazione digitale non si improvvisa, e soprattutto non può partire da interventi estemporanei che prescindano dal consolidamento delle fondamenta. Nel caso delle PA, la digitalizzazione parte da una seria modifica dei processi organizzativi e del ciclo documentale.

Spesso ci si dimentica che all’interno della PA gli unici documenti originali sono quelli digitali; le regole tecniche sul documento informatico esistono dal 2014. Il primo passo, dunque, è quello della creazione (ed acquisizione) unicamente digitale dei documenti. Questo significa elaborare adeguati Manuali sulla gestione del protocollo informatico, sui documenti e sulla conservazione a norma.

Il questionario consta di un’Area A, riservata alla gestione del cambiamento, ossia alle spese relative a progetti nel campo dell’ICT; un’Area B, dedicata alle infrastrutture fisiche di connettività; un’Area C, dedicata alle infrastrutture informatiche dell’Ente; un’Area D con domande inerenti l’utilizzo dei servizi cloud e gli impegni di spesa; un’Area F, sulla formazione e l’informazione su questi temi; un’Area G, con la quale si indaga sulle tempistiche dell’adesione alle piattaforme abilitanti (NoiPa, SPID, pagoPA, …); un’Area H, su open data, banche dati, e richieste FOIA (accesso agli atti generalizzato); un’Area I, sui software usati dall’Ente; un’Area J, sui servizi offerti online ai cittadini; un’Area K sul WiFi; ed un’Area L, sulla formazione informatica dei dipendenti.

Conclusioni

L’intervento della Corte dei Conti segna un punto di svolta nella trasformazione digitale delle PA. La digitalizzazione nasce dall’esigenza di razionalizzare i processi amministrativi, e facilitare dipendenti e cittadini, ma anche da esigenze di riduzione della spesa pubblica.

È lapalissiano che il mancato adeguamento alla normativa sul tema provochi danni economici alla PA: inviare un verbale di contestazione di norme del Codice della Strada a mezzo raccomandata ha un costo decisamente superiore rispetto all’invio dello stesso a mezzo PEC; offrire un servizio in house di autenticazione per l’accesso ai propri servizi web ha un costo superiore rispetto all’utilizzo di SPID (piattaforma gratuita per le PA); impedire ai cittadini di effettuare pagamenti tramite pagoPA comporta una evidente perdita economica. Sono danni erariali, con tutte le conseguenze in termini di risarcimento da parte dei responsabili.

Avv. Paolo Palmieri

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