Dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 12348/2020 è possibile ritenere non più sanzionabile penalmente la coltivazione domestica di sostanze stupefacenti per uso personale?
Scopriamolo in questo podcast con l’Avv. Paolo Palmieri.
Il link dell’articolo “Stupefacenti, tra fattispecie di lieve entità e particolare tenuità del fatto” dell’Avv. Paolo Palmieri sulla rivista Altalex.
Buon ascolto.
Versione testuale.
Coltivazione domestica di sostanze stupefacenti per uso personale
A seguito della sentenza n. 12348/2020 delle Sezioni Unite della Cassazione, è tornata alla ribalta la tematica della sanzionabilità penale del reato di coltivazione domestica di sostanze stupefacenti per uso personale, che ha spinto molti a parlare di una presunta “liberalizzazione” di tale pratica.
Effettivamente, le Sezioni Unite della Cassazione, con una sentenza le cui motivazioni sono state pubblicate recentemente, hanno allargato le maglie di questo reato. Ma la questione rimane abbastanza complessa, anche perché le vicende processuali sono sempre diverse l’una dell’altra, e le decisioni giurisprudenziali sono sempre soggette a mutamenti. Il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti o psicotrope è punito dal Testo Unico sugli stupefacenti (d.p.r. 309/1990) all’art. 73. Qualora la coltivazione sia di lieve entità, il reato si affievolisce ed è prevista una pena inferiore (ossia la reclusione da sei mesi a quattro anni e la multa da € 1.032,00 ad € 10.329,00).
La questione oggetto di contrasto
I giudici della Cassazione sono stati chiamati a decidere un ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva dichiarato l’imputato colpevole, oltre che di detenzione e di cessione, anche del reato di coltivazione di lieve entità di due piantine di marijuana, sul presupposto che queste fossero idonee a rendere, dopo il loro sviluppo, quantità significative di droga.
La Sezione della Cassazione, investita del ricorso, ha evidenziato sin da subito la presenza sul punto di forti contrasti giurisprudenziali tra chi riteneva che per configurare il reato non fosse sufficiente la mera coltivazione, dovendosi anche verificare il principio attivo in concreto rinvenibile dalla pianta al momento dell’accertamento del reato; e chi riteneva che il reato di coltivazione fosse punibile a prescindere dalla maturazione o meno delle piantine, per la sola corrispondenza delle stesse al tipo botanico proibito.
Così, la Sezione investita dal ricorso ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, il massimo consesso di legittimità, per dirimere questo contrasto. Prima di arrivare alla risposta delle Sezioni Unite, è opportuno sottolineare come la giurisprudenza, nel corso degli anni, abbia spesso cercato di superare la rigidità della normativa sugli stupefacenti in favore dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità, soprattutto ampliando la nozione della “lieve entità”.
Il principio di diritto
Fondamentalmente, le Sezioni Unite ritengono di modificare il precedente orientamento, risalente alla sentenza c.d. “Di Salvia” del 2008, al fine di escludere dall’area del penalmente rilevante la coltivazione di minime dimensioni finalizzata all’uso personale, per mancanza del requisito della tipicità.
Nello specifico, per le Sezioni Unite l’unico modo per distinguere tra le coltivazioni penalmente rilevanti e quelle non penalmente rilevanti, è la prevedibilità della potenziale produttività, a prescindere dalla quantità di principio attivo ricavabile al momento dell’accertamento.
A tale fine, per prevedibilità deve intendersi l’accertamento circa la prevedibile lesione in futuro dell’oggetto del reato, che com’è noto è la salute pubblica e privata.
Dunque, quando la coltivazione di sostanze stupefacenti non è punibile penalmente?
Le Sezioni Unite forniscono dei presupposti oggettivi, cioè dei requisiti per cui (in questo caso, sempre a seguito di un eventuale procedimento penale), si potrà facilmente giungere ad una assoluzione dal reato di coltivazione di sostanze stupefacenti.
Leggendo la motivazione della sentenza, una coltivazione domestica non è punibile penalmente se dalle piantine si prevede una produttività modesta di sostanza stupefacente, e se sussistono questi canoni:
- la minima dimensione della coltivazione;
- lo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale;
- la rudimentalità delle tecniche utilizzate;
- lo scarso numero delle piante;
- l’assenza di indici che facciano presumere lo spaccio;
- l’oggettiva destinazione ad un uso personale.
Dunque, nel caso in cui le Forze dell’Ordine rinvengano una coltivazione domestica, è difficile ipotizzare che le stesse non comunichino questa circostanza alla Procura, e che la stessa non eserciti l’azione penale.
In tal caso, potrebbero verificarsi due ipotesi.
Nel caso in cui dalla coltivazione domestica sia stata già ricavata sostanza stupefacente per uso personale, la coltivazione muterà automaticamente in detenzione di sostanza stupefacente per uso personale.
Ciò significa che il detentore della sostanza stupefacente non subirà un procedimento penale, ma non vuol dire che non ci saranno conseguenze.
Potrebbe sembrare un paradosso visto il principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite con questa sentenza, però tutt’oggi rimane ferma la disciplina prevista per la detenzione di sostanze stupefacenti ad uso personale, e dunque, all’esito di un procedimento, potrebbero essere comminate delle sanzioni amministrative da parte del Prefetto ai sensi dell’art. 75 del Testo Unico sugli stupefacenti, come la sospensione della patente di guida, e la sospensione del passaporto.
Nel caso in cui, invece, la coltivazione domestica ancora in essere non risulti idonea, con una valutazione prognostica, a produrre sostanza stupefacente, il procedimento amministrativo si concluderà presumibilmente senza alcuna sanzione.
Quindi, dopo la sentenza delle Sezioni Unite è possibile sostenere che non sia più sanzionata penalmente la coltivazione domestica di sostanze stupefacenti per uso domestico? La risposta parrebbe essere positiva, sempre se la coltivazione rispetti i canoni di cui sopra per definirla come “domestica ad uso personale”.
Conclusioni
Le Sezioni Unite hanno affermato un importante principio di diritto, andando ultra petita rispetto alla “semplice” richiesta di risoluzione del contrasto giurisprudenziale relativo all’offensività in concreto del reato di coltivazione di sostanze stupefacenti.
Nonostante questa innovativa sentenza, e nonostante le Sezioni Unite abbiano predisposto ancoraggi oggettivi di valutazione, rimane comunque il problema di stabilire caso per caso, in concreto, la “minima entità” della coltivazione.
Maggiore chiarezza sul punto potrà essere fornita dalle future decisioni dei giudici di merito. Rimane comunque auspicabile un intervento del legislatore riguardo la coltivazione domestica per uso personale, quantomeno in relazione alle droghe leggere. D’altronde, nonostante le Sezioni Unite, l’abrogazione delle norme può dipendere soltanto da un atto volitivo del legislatore, e non da regole giurisprudenziali.
Con questa pronuncia, dunque, la coltivazione domestica è stata solo parzialmente sdoganata. Di certo sarà più probabile, sempre in relazione al caso concreto, non incorrere in sanzioni penali rispetto al passato più recente.
Materiale
Sentenza SS.UU. n. 12348/2020.
Testo Unico sugli stupefacenti, d.p.r. n. 309/1990.
Per approfondire, “Stupefacenti, tra fattispecie di lieve entità e particolare tenuità del fatto”, Avv. Paolo Palmieri, Rivista Altalex.