Lo “scudo penale” a favore del personale medico coinvolto nelle operazioni di vaccinazione.
Durante il contesto emergenziale sono largamente aumentati i rischi per il personale sanitario di essere sottoposto a procedimento penale nelle ipotesi in cui le terapie somministrate si rivelino inefficaci o errate, con esito infausto, oppure il vaccino inoculato causi reazioni dannose o mortali per il paziente.
Ebbene, quali sono state le risposte del legislatore ai fini di prevenire e limitare la potenziale responsabilità penale colposa in cui incorre il personale sanitario nei casi di insuccesso della terapia adottata per curare pazienti affetti da Sars-cov-2 e di reazioni avverse causate dall’inoculazione del vaccino?
Sono state introdotte due distinte cause di non punibilità o “scudo penale”, seguendo uno schema normativo già adottato in passato nell’ambito della responsabilità medica dapprima con l’articolo 3 della legge n. 189 dell’8.11.2012 (c.d. “legge Balduzzi”) e successivamente con la legge n. 27 dell’8.03.2017, cd. “legge Gelli-Bianco”.
La prima è specificamente riferita al personale sanitario che effettua la somministrazione di vaccino anti Sars-Cov-2 nel corso della campagna vaccinale, la seconda, è riferita alla generalità dei medici in conseguenza di eventi infausti occorsi in condizioni emergenziali.
Il disegno di legge “… mira a rassicurare il personale sanitario e in genere i soggetti coinvolti nelle attività di vaccinazione. In un quadro caratterizzato da margini di incertezza scientifica, e da un quadro in continua evoluzione, la prospettiva di incorrere in possibili responsabilità penali, in conseguenza di eventi avversi ascrivibili, anche solo in ipotesi, alla somministrazione del vaccino, può ingenerare allarme tra quanti sono chiamati a fornire il proprio contributo al buon esito della campagna di vaccinazione nazionale, che rappresenta allo stato una priorità per la tutela della salute pubblica”.
Come noto, il regime della responsabilità medica colposa si connota già per la presenza di una norma che esime da responsabilità penali, andando a costituire uno statuto “di favore” per gli operatori medici (rispetto ad altre categorie di professionisti). In particolare l’art. 590-sexies c.p., il quale configura una causa di non punibilità per i fatti di cui agli artt. 589 e 590 c.p. commessi nell’esercizio della professione sanitaria, alla presenza di determinate condizioni indicate al comma secondo.
Come si inserisce tale norma rispetto alla responsabilità da inoculazione del vaccino anti SARS-CoV-2?
Soffermando dapprima l’attenzione sull’articolo 3 del d.l. n. 44/2021, il c.d. “scudo penale per i vaccinatori”, in particolare la norma prevede che “Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.
Appare evidente che la causa di non punibilità è limitata solo ai fatti di morte o lesioni provocati dalla somministrazione di un vaccino per prevenire l’infezione di coronavirus. Nulla invece è stato disposto in relazione alla responsabilità penale per eventi analoghi occorsi in seguito alle terapie somministrate con finalità curative a pazienti che abbiano contratto l’infezione.
In altri termini, per come formulata, la disposizione non sembra impedire l’emergere di colpe diverse da quella indicata nella causa stessa (ossia, una responsabilità legata ad effetti collaterali prodotti dalla somministrazione del farmaco anti SARS-CoV-2). Pertanto, se l’operatore sanitario non tenesse un comportamento conforme alle cautele normalmente esigibili (per esempio, non indossasse correttamente la “mascherina” o non disinfettasse il lettino sul quale viene accomodato il paziente) e da questo fatto derivasse un’infezione di qualunque genere per il vaccinando, il medico sarebbe regolarmente responsabile e punibile, senza possibilità che la causa di esenzione di nuova introduzione possa fare da argine.
Quanto alla concreta operatività, l’art. 3 d.l. 1 aprile 2021 n. 44, richiede soltanto che l’uso del vaccino sia stato conforme, contemporaneamente: a) alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità (AIC); b) alle circolari pubblica te sul sito istituzionale del Ministero della Salute relative alle attività di vaccinazione. Il primo requisito attiene all’uso “on-label” del farmaco. Ricordiamo che il vaccino è «un farmaco che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi, deputati a combattere i microrganismi causa di malattia». L’inclusione nella “famiglia” dei farmaci, lo rende perciò in tutto e per tutto soggetto alle regole che riguardano questi ultimi. Pertanto, lo stesso va somministrato in maniera conforme all’AIC rilasciata dall’AIFA, ossia con finalità preventiva del COVID-19 e secondo le indicazioni contenute nel foglietto illustrativo e nell’RCP.
Se l’evento che si realizza nonostante il rispetto delle norme cautelari (in questo caso specifiche) concretizza il rischio consentito e rende pertanto il soggetto inoculatore non punibile. Semmai, una volta provato che l’evento è causalmente legato all’assunzione del vaccino, sarà all’interno della casa produttrice del farmaco che andranno individuati i soggetti responsabili.
Al contrario, un uso del vaccino “off-label” o comunque scorretto potrebbe determinare, in caso di effetti avversi successivi all’inoculazione e di dimostrato collegamento causale, la responsabilità penale, anche solo colposa, dell’operatore sanitario. Su questo, il nuovo “scudo” penale non potrebbe (e non dovrebbe) sicuramente fare da argine.
L’art. 3, dunque, si limita sostanzialmente a ribadire quel che già si poteva affermare seguendo le norme regolanti il settore dei farmaci.
Quanto ai rapporti con l’art. 590 sexies c.p., la disposizione viene descritta come una causa che “esclude la responsabilità”, “speciale rispetto a quella prevista dall’articolo 590 sexies codice penale”.
Ebbene, per evitare un’interpretatio abrogans della disposizione introdotta per i vaccinatori, alcuni commentatori sostengono che la causa di non punibilità trovi applicazione nelle ipotesi di errore strategico nella fase esecutiva, cioè nella fase immediatamente antecedente all’inoculazione, in cui residuerebbe un margine valutativo in capo al sanitario che effettua la vaccinazione. Ricordiamo che l’articolo 590 sexies, comma 2, c.p., per come interpretato dalle Sezioni Unite “Mariotti”, esclude la punibilità soltanto nelle ipotesi di imperizia lieve e nel caso in cui l’errore per imperizia lieve ricada nella fase esecutiva e non in quella di selezione della linea guida.
Ebbene, se risulta che nel caso concreto il sanitario abbia eseguito la vaccinazione rispettando le prescrizioni e le raccomandazioni ministeriali impartite, non risponderà di eventuali esiti infausti nell’ipotesi in cui emerga, a posteriori, che il peculiare quadro clinico del paziente avrebbe suggerito di non procedere alla vaccinazione o di effettuare alcuni accertamenti preventivi.
Per concludere, la nuova disposizione permette di anticipare, in maniera espressa, quello che sarebbe l’esito di un processo condotto alla stregua dei principi generali governanti la materia penale. Il vantaggio è che per via di tale disposizione si riesce ad eludere l’instaurazione di un processo, evitando al sanitario la preoccupazione (e la spesa) che comporta anche soltanto il mero coinvolgimento nella vicenda processuale. Risultato che, sebbene raggiungibile con buona probabilità anche in assenza del nuovo art. 3 d.l. n. 44/2021, avrebbe reso necessaria una attività di indagine preliminare, con seguente possibilità di iscrizione del personale coinvolto nel registro degli indagati.
A livello sostanziale, in ogni caso, cambia davvero poco. Degli effetti avversi del vaccino, somministrato secondo tutti i crismi sopra osservati, potrà piuttosto rispondere la casa farmaceutica e mai il medico, a cui la norma cautelare non impone di evitare ogni effetto collaterale infausto, ma soltanto di seguire tutte le indicazioni di somministrazione e di accertarsi che il paziente abbia correttamente compilato i questionari anamnestici preliminari e prestato il proprio consenso libero e (realmente) informato all’inoculazione.
Le critiche alla “ridotta capienza” della norma in oggetto hanno portato all’inserimento di un ulteriore articolo, il 3-bis, che segue l’articolo 3 del d.l. n. 44 dell’1.04.2021, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19” che dispone: “Durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave. Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza”.
Il testo approvato dal Senato ha dunque introdotto un’ulteriore causa di non punibilità all’articolo 3 bis, che si aggiunge a quella prevista dall’articolo 3 del d.l. n. 44 dell’1.04.2021, attualmente vigente, escludendo la punibilità del personale sanitario non soltanto in relazione agli eventi infausti causati dalla vaccinazione ma anche nei casi in cui tali eventi siano stati causati per colpa non grave in occasione delle cure somministrate per curare l’infezione. Tale causa di non punibilità prevede che durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID 19, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.
La disposizione stabilisce i criteri che il giudice è tenuto a valutare per stabilire il grado della colpa: la limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da Sars-CoV-2 e sulle terapie appropriate; la scarsità delle risorse umane e materiali in relazione al numero di casi da trattare; il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.
Ad una prima lettura, la disposizione appare apprezzabile per chiarezza, perché, senza distinguere a seconda della fase in cui si collochi l’errore del sanitario – se nell’osservanza delle linee guida o nella loro applicazione – esclude espressamente la responsabilità per esiti infausti delle terapie somministrate quando, sulla base delle circostanze del caso concreto (condizioni di emergenza, limitatezza delle conoscenze scientifiche, scarsità di risorse) emerga che si sia trattato di un errore causato da colpa lieve.
Entrambe le cause di non punibilità troveranno verosimilmente applicazione a fatti antecedenti alla sua entrata in vigore, in applicazione dell’articolo 2, comma 4, c.p., in ragione della sua natura di norma più favorevole.
Entrambe sono state apprezzate dalle categorie rappresentative del personale sanitario, perché percepite come idonee a ridurre il rischio di incorrere in sanzioni penali in conseguenza di eventi infausti occorsi in condizioni emergenziali senza precedenti.