Cosa sono ed a cosa servono i Consorzi di Tutela delle denominazioni di origine vitivinicole?
È notizia recente il riconoscimento del Consorzio di Tutela Vini d’Irpinia, da parte del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, avvenuto con D.M. 27 settembre 2017. Perché è così importante, e cosa aggiunge al mondo del vino irpino?
Ma facciamo un passo indietro.
La legislazione vitivinicola ha subito una recente sistemazione sia in ambito comunitario, che in ambito nazionale. Ricordiamo che il settore rientra in uno dei pilastri dell’Unione Europea, le cui fonti prevalgono sulla normativa nazionale. Oggi il principale riferimento normativo europeo è rappresentato dal Reg. UE 1308/2013, recante l’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (ivi incluso il vino).
Il presente Regolamento pone dunque una disciplina generale in merito alle organizzazioni di produttori agricoli, a partire dagli artt. 152 e ss.. In particolare, prevede che tali organizzazioni abbiano come obiettivo quello di assicurare che la produzione sia pianificata e adeguata alla domanda, in particolare in termini di qualità e quantità; concentrare l’offerta ed immettere sul mercato la produzione dei propri aderenti, anche attraverso la commercializzazione diretta; ottimizzare i costi di produzione; svolgere ricerche e sviluppare iniziative su metodi di produzione sostenibili, pratiche innovative, competitività economica; promuovere e fornire assistenza tecnica per il ricorso agli standard di produzione; e sviluppare iniziative nel settore della promozione e della commercializzazione.
L’art. 165 del Reg. UE 1308/2016 pone una regola molto importante: “Qualora un’organizzazione di produttori riconosciuta, un’associazione riconosciuta di organizzazioni di produttori o un’organizzazione interprofessionale riconosciuta, operante in una determinata circoscrizione economica o in più circoscrizioni economiche determinate di uno Stato membro, sia considerata rappresentativa della produzione o del commercio o della trasformazione di un dato prodotto, lo Stato membro interessato può, su richiesta di tale organizzazione, disporre che alcuni degli accordi, decisioni o pratiche concordate convenuti nell’ambito dell’organizzazione richiedente siano resi obbligatori, per un periodo limitato, nei confronti degli altri operatori attivi, individualmente o in gruppo, nella o nelle medesime circoscrizioni economiche e non aderenti all’organizzazione o associazione”.
In altre parole, se l’organizzazione di produttori è rappresentativa (e poi vedremo quando ricorre suddetta circostanza), i suoi atti sono vincolanti per tutti i produttori della zona, anche se non sono membri dell’organizzazione: è la c.d. validità erga omnes.
Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, i primi Consorzi italiani nacquero in Toscana agli inizi del ‘900. Ma è con il fascismo che venne introdotto per la prima volta il concetto di corrispondenza tra marchio e consorzio; anche se poi, nel 1937, lo Stato avocò le funzioni di tutela. Con la l. 164/1992 lo Stato riconobbe ai Consorzi funzioni di vigilanza, ma solo nei confronti degli associati.
È solo agli inizi del millennio, con il D.M. 29 maggio 2001, che si attribuiscono ai Consorzi vitivinicoli funzioni di controllo erga omnes (con forti proteste degli addetti al settore per l’utilizzo di un decreto ministeriale, anziché di un atto avente forza di legge).
Non possiamo procedere oltre senza parlare della legge nazionale n. 238 del 12 dicembre 2016, recante la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (volgarmente detto Testo Unico sul Vino).
È un testo di fondamentale importanza, che all’art. 41 disciplina i Consorzi di Tutela per le Denominazioni di Origine e le Indicazioni Geografiche Protette.
Questo perché i Consorzi di Tutela sono sempre finalizzati alla tutela di una denominazione, sia essa una DO o una IG.
Ex art. 41, comma 3, lett. a), l. 238/2016, il Ministero può riconoscere le organizzazioni professionali di viticoltori in qualità di Consorzi di Tutela qualora abbiano al loro interno almeno il 35% dei viticoltori e almeno il 51% della produzione del vino iscritto allo schedario vinicolo. Ma solo qualora dimostri la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40% dei viticoltori e di almeno il 66% della produzione certificata del vino DO i IG, può essergli attribuita la validità erga omnes per i suoi atti.
Del Consorzio di Tutela fanno parte i viticoltori, ma possono farvi parte anche i soli vinificatori ed i soli imbottigliatori.
Il Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia esisteva da più di quattordici anni, ed era già era stato riconosciuto dal Ministero per la tutela delle tre DOCG e della DOC Irpinia; ma solo con questo nuovo decreto ministeriale le sue determinazioni potranno avere efficacia erga omnes, avendo raggiunto (e superato) i requisiti di rappresentatività richiesti dalla legge.
L’Irpinia è il cuore pulsante dell’enologia campana, e ne sono dimostrazione le denominazioni ivi presenti: le DOCG Fiano di Avellino, Greco di Tufo, Taurasi; e la DOC Irpinia sono state riconosciute a livello nazionale ai sensi della legge n. 164/1992 e della legge n. 238/2016 e, pertanto, sono delle denominazioni protette ai sensi dell’art. 107 del Reg. UE n. 1308/2013 e dell’art. 73 del Reg. CE n. 607/2009.
Il Consorzio Vini d’Irpinia, dunque, sarà l’unica organizzazione di produttori che potrà adottare, in relazione a queste quattro denominazioni, atti aventi rilevanza anche nei confronti dei non associati.
Potrà avanzare proposte di modifica ai disciplinari delle denominazioni, potrà fornire assistenza tecnica, potrà fare promozione e tutela per gli associati, potrà svolgere attività di vigilanza nel commercio collaborando con l’Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi, e potrà gestire le produzioni in caso di eventi climatici sfavorevoli (andando in deroga al disciplinare).